Un concetto reale, ogni cosa esiste nel modo in cui noi la percepiamo, che sia un oggetto, un luogo o una qualsiasi cosa, anche un sentimento.
Proviamo sentimenti ogni giorno, amore, felicità, gioia, tristezza, dolore... Tutte emozioni alle quali sappiamo dare una spiegazione, ma che esisto in relazione a noi stessi che le percepiamo.
Con l'addomesticazione degli animali abbiamo imparato ad assimilare questi sentimenti anche ai nostri animali domestici: abbiamo teneri gatti che fanno le fusa e curano i loro piccoli, cani che ci fanno le feste e sono felici, teneri coniglietti da spupazzare, dolci volatili in gabbia che amoreggiano, ci prendiamo cura di loro, facciamo in modo che stiano bene e non soffrano ma poi, ad un certo punto, scatta una linea di confine oltre la quale ci sono i cosiddetti "animali da reddito", animali per i quali tutto questo non vale, oltre il confine abbiamo galline stupide, bovini, ovini e suini allevati per il macello il quale destino é già segnato già dal momento del loro concepimento, animali così lontani dal nostro mondo abituale, ma così presenti nella dieta umana.
Gli animali cosiddetti da reddito sono definiti dall'art. 1, comma 2, lettera a) del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 146, come: “qualsiasi animale, inclusi pesci, rettili e anfibi, allevato o custodito per la produzione di derrate alimentari, lana, pelli, pellicce o per altri scopi agricoli;”.
Perché allora una parte di animali finisce sui nostri divani ed un'altra nei nostri piatti?
Ci sono animali con i quali l'uomo ha deciso di negarsi ogni possibilità di rapporto e relazione, rifiutando anche di valutare e accettare le caratteristiche cognitive, empatiche e sociali che esso hanno. La dottoressa Myriam Jael Riboldi definisce questo comportamento "schizofrenia empatica", cioè quel preciso momento in cui l'uomo ha una discontinuità nella connessione emozionale con alcuni animali.
Accettando le emozioni degli animali da reddito dovremmo fare i conti con il dolore che portiamo sulle nostre tavole: cuccioli strappati alle mamme per essere venduti e per far in modo che il latte a loro destinato finisca imbottigliato nei supermercati, animali maltrattati in allevamenti intensivi, spesso macellati e "torturati" mentre ancora vivi, e via dicendo.
Il nostro cervello mette in atto una serie di meccanismi atti quasi a trovare una motivazione logica a tutto ciò e ci lasciamo andare a queste, ma la realtà è ben diversa, ci nutriamo purtroppo di morte e sofferenza e fino a quando tutti non avremo una visione più ampia di questi concetti, ci saranno sempre morti e sofferenza sulle nostre tavole.
Giuseppe Fasanella